Introduzione
Nel corso della vita gli eventi che si succedono senza interruzione “obbligano” l'apparato psico-fisico a continui aggiustamenti e trasformazioni, senza peraltro far perdere all'individuo quel senso unitario di sé stesso a partire dalla conformazione anatomica e dalla fisionomia organica, per finire a tutte le caratteristiche istintive, emozionali ed intellettive che fanno di ogni soggetto un “unicum” irripetibile.
La natura degli “eventi” che incrociano la nostra vita è quanto mai varia. Potremmo banalmente distinguerli in utili o dannosi, ma tale distinzione sarebbe ambigua e priva di reale utilità pratica. Per esempio, a rigor di termini, una malattia esantematica dovrebbe essere inscritta nella categoria degli eventi dannosi. Tuttavia, l’immunità che ne deriva è senza dubbio una conseguenza positiva, nella misura in cui i successivi contatti dell’organismo con lo stesso agente infettante non si tradurranno più in evento patologico. Le infezioni batteriche, inevitabili nel corso del tempo manterranno “allenati” tutti i meccanismi difensive del corpo che, entro certi limiti, saranno in grado di proteggerci. Prova ne sia il fatto che soggetti dediti ad un “igienismo” esasperato manifestano una maggiore vulnerabilità cutanea e gastrointestinale quando vengono a contatto con una carica batterica o tossica insufficiente per scatenare una patologia nella maggior parte degli altri individui. Perfino un evento sicuramente accidentale come un trauma, uno shock psichico, una reazione iatrogena secondaria all’assunzione di un farmaco o l’ingestione di un alimento inquinato con conseguente effetto tossico, non possono essere semplicisticamente inseriti nella categoria degli eventi dannosi. Anche in questi casi è possibile identificare una loro utilità “informativa” che potrà rendere il soggetto più attento, guardingo e consapevole rispetto a situazioni potenzialmente analoghe.
Una distinzione altrettanto semplice, ma priva delle sfumature e delle ambiguità appena evidenziate e, soprattutto di immediata utilità pratica è quella di considerare gli eventi in “nutritivi” o “neutri”. La valenza nutrizionale è insita in qualsiasi accadimento esterno capace di incidere nell’unità psicofisica, provocando una “metabolizzazione” interna e generando una risposta che verrà restituita all’esterno. Nell’ambito di questa categoria rientrano sia gli eventi utili che dannosi, senza escludere quelli che possono arrecare sofferenza, patologia o morte.
Secondo una prima, superficiale, riflessione, sembrerebbe paradossale definire “nutritivo” e quindi finalisticamente utile, un evento capace di evolvere negativamente nell'economia di un essere umano. Eppure, non potremmo sopravvivere ed evolvere come specie, senza il rischio insito nel concetto stesso di esistenza. Quel trauma accidentale, quello shock psico-emozionale, o un intossicazione acuta possono certamente invalidare e condurre a morte un individuo, senza nulla togliere, però, alla loro valenza informativa, perciò “nutrizionale”, sia pure minoritaria rispetto alla loro dinamica violenta e subitanea. L’esito, negativo nell’immediato, o positivo nel tempo degli esempi appositamente citati dipenderà da due fattori: a ) dall'intensità dell’evento stesso e b ) dalla resistenza del soggetto. Qualora l’intensità superi la resistenza specie-specifica dell’essere umano o l’evento agisca in un individuo la cui vulnerabilità soggettiva sia inferiore a quella media statistica, il risultato sarà solamente negativo. Insistendo nel paradosso, potremmo dire che in entrambi i casi l’eccesso di “nutrimento” si rivela dannoso o fatale. Con una differenza fondamentale: nel primo caso, per esempio cadere da un precipizio o schiantarsi contro un muro, è umanamente impossibile intervenire, essendo l’evento, per sua natura, preponderante rispetto alla capacità di resistenza umana. Nel secondo caso, invece, si rientra pienamente nell’ambito dell'atto medico, il cui scopo, in parte trascurato dalla medicina attuale, dovrà cercare prioritariamente di migliorare la deficitaria capacità difensiva del paziente, realizzando pienamente l’assunto originario della medicina: far sì che diventi farmaco proprio ciò che si propone come veleno.
Tutti gli eventi che non rientrano nella categoria appena citata possono essere considerati “neutri”. Per esempio, l’azoto atmosferico che viene introdotto nell’albero respiratorio ad ogni inspirazione e, come tale, viene restituito all’esterno. Oppure molte sostanze presenti negli alimenti che transitano attraverso il canale digerente e che vengono eliminate senza provocare variazioni funzionali o metaboliche. In linea generale è possibile definire “neutri” quegli eventi che, nel loro transito attraverso l’organismo psico-fisico, non lasciano traccia del loro passaggio. Più in dettaglio, essi non innescano un processo di memoria, facoltà fondamentale per la sopravvivenza, l’adattamento e l’evoluzione di tutte le forme viventi: dal virus all'uomo.
Per essere “nutritivi”, gli eventi devono veicolare dinamiche analogicamente simili ad una o più funzioni interne dell’organismo. Tale coincidenza non è semplicisticamente quantitativa e materiale ma, per rivelarsi efficace e generare interazione, deve essere similare nella modalità di espressione energetica. Un evento materiale, come l'ingestione di un alimento piacevole sarà influente non solo per il suo contenuto ponderale, ma anche per la dinamica di piacere che sarà stato capace di provocare in quel determinato soggetto, e magari solo in lui. Tanto da provocare salivazione e appetenza spontanea appena, in un momento successivo, entrerà solamente nell’ambito della percezione visiva. All’inverso, un evento emozionale, di qualsiasi natura, purché coincidente con dinamiche similari dell’individuo, potrà generare modifiche delle funzioni organiche di una certa importanza e durata. Se ne deduce logicamente che non esistono differenze significative tra eventi materiali, emozionali e mentali, potendo gli uni innescare variazioni e risposte sugli altri piani. Ciò che esiste e fa la differenza è la loro modalità dinamica, il loro “modo”. E’ quest’ultimo che, se si “allinea” con analogo dinamismo interno, produce un movimento di cui resta traccia sotto forma di memoria: biomolecolare, cellulare, organica, funzionale o psichica.
Senza tema di smentita, possiamo categoricamente sostenere che un evento, affinché possa essere considerato nutritivo e informativo, deve “necessariamente” tradursi in un dato di memoria. Tutti gli altri, privi di questo parallelismo dinamico non sono “efficaci”, e perciò si possono considerare neutri. Operata questa necessaria distinzione dei flussi ininterrotti tra l’interno all’esterno del sistema, se ne possono trarre conseguenze di utilità pratica nel campo della semeiotica medica e delle impostazioni terapeutiche nei soggetti malati. Possiamo dire che, dal punto di vista quantitativo, il numero di eventi che ci raggiunge nell’unità di tempo è enorme. Se tutti fossero “significanti”, sarebbe un bombardamento di tale intensità da impedire la vita. Il sistema vivente “risponde” solo a quelli che, per modalità energetica gli sono affini e perciò lo “nutrono” indipendentemente dalla loro apparente natura utile o dannosa. Tutti gli altri, semplicemente, scorrono senza lasciare traccia come le parole di una lingua straniera che vengono percepite dall’apparato uditivo ma, essendo incomprese, non lasciano impronte del loro “significato”.