Obesità “pancreatica” o insulinemica

L’idea che il corpo, non ricevendo il cibo dall’esterno possa dimagrire “mangiando se stesso”, è fisiologicamente ingenua e scientificamente falsa, in quanto gli organi direttamente implicati nel metabolismo necessitano di energia biodisponibile e costante. E’ pienamente condivisibile l’affermazione dei nutrizionisti clinici di un tempo che “i grassi bruciano al fuoco degli idrati di carbonio”, oggi ignorata dalla maggior parte dei dietologi. La gestione del carico glicemico dei pasti sarà particolarmente importante nel trattamento dell’obesità “pancreatica” o insulinemica, statisticamente frequente sia come forma primitiva in soggetti con predisposizione costituzionale agli squilibri glicemici o al diabete, sia come complicazione endocrino-metabolica sovrapposta ad altre forme di obesità, in particolare quelle con iperfunzione surrenalica o con disfunzioni renali, ma anche in quella che potrebbe insorgere in post-menopausa, soprattutto in donne con deficit estrogenico in erà fertile.
Nelle forme tipiche, la localizzazione dell’adipe si verificherà nelle zone centrali del corpo, dal bacino all’arcata costale, con evidenti cuscinetti laterali, tanto da essere identificata come la classica obesità “a mela”. In vario grado potranno essere interessate anche le cosce e le gambe, con caviglie grosse e, nei casi più eclatanti, con notevole imbibizione linfatica di tutto l’arto inferiore. Costante sarà la scomparsa del punto vita, che differenzierà nettamente questo tipo di obesità da quella “epatica” o ginoide. La tendenza spontanea di questi soggetti sarà quella di sviluppare patologie dismetaboliche come ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e diabete. Se le alterazioni della glicemia e dell’insulina dovessero provocare aumento del cortisolo e degli altri ormoni steroidei, la loro forma rassomiglierà in parte a quella dei soggetti con iperfunzione surrenalica: tenderanno a ingrossare anche nella parte superiore del corpo e potranno, allora, sviluppare patologie cardiovascolari e ipertensive. Tuttavia, raramente perderanno il carattere predominante dei loro accumuli adiposi, che si presenteranno morbidi, caldi e flaccidi, contrastando nettamente con la compattezza e la fibrosità dell’obesità francamente surrenalica.
Tenendo conto del fatto che in tutte le forme di obesità la necessità primaria sarà sempre quella di attivare il metabolismo rallentato, in questo caso sarà necessario stimolare prima di tutto la tiroide, in quanto si tratta di individui con una tendenza costituzionale all’ipotiroidismo. Tale stimolo sarà realizzato con un frequente impiego del pesce, proposto in tutte le forme, soprattutto nella modalità frittura, in modo da realizzare contemporaneamente anche una stimolazione diretta del fegato. Possibile proporre il pesce anche nel pasto serale, poiché si tratta di individui che non soffrono di disturbi del sonno e che si potranno giovare di uno stimolo metabolico anche nelle ore notturne. Scarsamente efficace, invece, il pesce lesso, in quanto privato di parte dello iodio e del fosforo persi per diluizione nell’acqua di bollitura. Quest’ultima osservazione è valida anche per una serie di verdure contenenti iodio, come quelle appartenenti alla famiglia delle crucifere, per le quali sarà meglio evitare la bollitura preliminare, ripassandole a crudo in aglio e olio extravergine d’oliva, oppure proposte in pastella o fritte dorate, in modo da impedire qualsiasi perdita dei nutrienti.
Oltre a quello tiroideo ed epatico, si potrà sfruttare anche lo stimolo neurologico esercitato da sostanze nervine come tè o caffè in quantità moderate o da eccitanti cellulari come l’acido citrico del limone o del pompelmo. In assenza di patologie concomitanti e di qualsiasi rischio di disfunzione renale, sarà possibile anche una sollecitazione iperproteica controllata da frequenti analisi delle urine, con carne a pranzo e pesce o uova di sera, in pasti che prevedano comunque un’adeguata quota di carboidrati e di acqua di vegetazione fornita dalle verdure crude e da frutti a basso indice glicemico.
La necessità di esercitare un marcato stimolo metabolico in soggetti con tendenza all’imbibizione tessutale e al rallentamento delle funzioni vitali giustificherà la limitazione o l’esclusione di alimenti troppo ricchi di potassio e calcio, in quanto l’azione miorilassante e neurosedativa non contribuirà a velocizzare le suddette funzioni vitali. Da segnalare soprattutto l’effetto negativo dei derivati del latte, il cui contenuto in calcio contrasterà con la necessaria sollecitazione della funzione tiroidea. I formaggi potranno aumentare i valori ematici di colesterolo e trigliceridi, ma avranno anche un effetto di freno del transito intestinale e saranno di notevole impegno per il fegato, a cui, invece, verrà richiesto di accelerare il suo lavoro biochimico. Una particolare attenzione sarà riservata al carico glicemico complessivo dei pasti, associando gli alimenti in modo da non provocare un’eccessiva secrezione di insulina, che contribuirebbe a perpetuare il sovrappeso e a favorire l’evoluzione verso forme di diabete dismetabolico.

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