Intolleranze al frumento: casi clinici di trattamento alimentare

Relazione VIII Convegno di Bioterapia Nutrizionale, Hotel Parco dei Principi, 2006, Roma

Scopo

L’intolleranza può essere genericamente definita come un condizione in cui una serie di particolari reazioni negative hanno luogo dopo aver ingerito un cibo o un ingrediente particolare. La vera intolleranza al cibo è diversa dall’avversione psicologica al cibo, che si manifesta quando, ad esempio, una persona detesta un cibo e crede che quel determinato cibo possa provocare una reazione particolare. Tuttavia, dire che si è intolleranti a un cibo costituisce un’approssimazione scientifica inaccettabile. Un medico che dice a un paziente che è intollerante, per esempio al pomodoro, è equivalente a un medico che si esprime su una forma tumorale dicendo che è “un brutto male”. Infatti non è mai l’alimento che può causare intolleranza, ma una o più sostanze, in esso contenute, che possono derivare anche da processi di coltivazione, stoccaggio e conservazione o da manipolazioni conseguenti alla produzione del prodotto finito. Nell’esperienza clinica della Bioterapia Nutrizionale è frequente la constatazione che molti casi di pseudo-intolleranze al glutine, sono, in realtà causate da componenti diversi del frumento.
Dal punto di vista della fisiologia e della fisiopatologia umana, l’attività sportiva professionale o amatoriale non può essere equiparata semplicisticamente ad una attivitàmuscolare tipica di tutti i lavori manuali...

Risultati

In una percentuale significativa di casi clinici, pervenuti alla nostra osservazione con la diagnosi generica di celiachia o pseudo-celiachia, insorta in età adulta, è stato possibile riutilizzare la farina di frumento, con la scomparsa del quadro sintomatologico iniziale del paziente.

Materiali e metodi

Il razionale bionutrizionale si è basato su due punti principali: a) intervenire e migliorare la funzionalità metabolica ed emuntoriale del paziente, la cui graduale compromissione nel tempo ha ridotto il grado di tollerabilità organica alle sostanze estrenee; b) reintrodurre la farina di frumento in modo graduale, utilizzando prodotti con la più bassa manipolazione commerciale.

Conclusioni

Nell’impossibilità pratica di studi tossicologici, parassitologici, genetici e biochimici, la condotta terapeutica si è basata su criteri di esclusione dei prodotti farinacei che provocavano sintomatologia, sostituendoli con quelli fatti in casa, a partire direttamente dalla materia prima non trattata. La tollerabilità progressiva da parte del paziente esclude l’ipotesi di celiachia vera e suggerisce una intolleranza a sostanze aggiunte nella lavorazione dei prodotti farinacei.

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