Le emorroidi sono morbidi cuscinetti vascolari situati nella parte terminale del canale rettale. Con la loro presenza contribuiscono al mantenimento della continenza fecale, gonfiandosi e sgonfiandosi a seconda delle necessità. Fisiologicamente asintomatiche, in particolari condizioni possono gonfiarsi dando origine ai classici sintomi della malattia emorroidaria. Il termine “emorroidi” viene quindi impropriamente utilizzato per descrivere una condizione parafisiologica in cui le vene emorroidali si dilatano eccessivamente formando varici.
Oggi, alla luce delle attuali evidenze, si preferisce parlare di sindrome emorroidaria come di una patologia che interessa tutte le strutture di sostegno della giunzione ano-rettale, causando lo scivolamento verso il basso di questi tessuti. Il cedimento della mucosa rettale spinge in fuori le emorroidi interne che, a loro volta, trascinano con sé quelle esterne, fino al prolasso. Alla base di tali alterazioni figurano predisposizioni genetiche influenzate dallo stile di vita e da altri fattori predisponenti come gravidanza, stipsi o diarrea cronica. In quanto alla frequenza, si stima colpiscano almeno una volta nella vita circa il 90% della popolazione.
In realtà i sintomi caratteristici di questa malattia sono comuni a diversi disturbi proctologici, spesso erroneamente etichettati come emorroidari.
In relazione all’entità della patologia, le emorroidi vengono classificate in: a) primo grado, quando rimangono all’interno dell’ano e per questo sono visibili soltanto all’esame anoscopico, con sintomatologia spesso assente; b) secondo grado, quando fuoriescono al momento della defecazione, rientrando spontaneamente con possibile dolore e sanguinamento; c) terzo grado, quando prolassano all’esterno in maniera definitiva, tanto da richiedere un intervento manuale per il riposizionamento all’interno del canale, accompagnate da sintomatologia dolorosa; d) quarto grado, quando il prolasso è completo e le emorroidi si trovano permanentemente all’esterno, tanto da richiedere una correzione chirurgica. Il sanguinamento, presente in circa l’80% dei casi, è il disturbo più frequente, mentre il dolore può essere intenso in qualsiasi stadio della malattia.
La trombosi rappresenta una delle complicanze acute più frequenti a carico sia delle emorroidi esterne, sia, più raramente, di quelle interne. In tali circostanze si assiste alla formazione di un trombo (coagulo di sangue) all’interno della varice infiammata, che si associa a rigonfiamento, prurito e dolore. L’esordio della patologia avviene di solito in modo piuttosto lieve, per esempio con la presenza di tracce di sangue rosso vivo sulla carta igienica, evento estremamente allarmante per il paziente. In realtà, se il sangue fosse conseguenza di patologie gastriche o di altri tratti del sistema digerente, la colorazione sarebbe rosso scura o addirittura nera.
Il prurito, la sensazione di fastidio e il bruciore nella zona anale sono altri sintomi molto comuni in chi soffre di emorroidi. Non si tratta qui di dolore quanto piuttosto di un senso di pesantezza a livello ano-rettale, disagio fastidioso con cui il paziente può convivere per periodi più o meno prolungati.
Con il passare del tempo tali alterazioni strutturali possono evolversi in una forma più grave, rimanere inalterate o regredire definitivamente. Negli stadi avanzati il problema assume connotazioni più severe, trasformandosi in un disagio francamente invalidante che interferisce anche con le normali attività quotidiane come il camminare o l’andare in bicicletta.
Escluse patologie organiche della regione ano-rettale di pertinenza del proctologo, la Sindrome Emorroidaria potrebbe essere conseguenza di un rallentamento della funzione epatica, con congestione del circolo venoso portale, di cui il plesso emorroidario costituisce la parte più distale. La programmazione bionutrizionale dovrà:
1 – escludere tutti gli alimenti e le associazioni in grado di rallentare la funzionalità epato-biliare, in particolare i formaggi e altri derivati del latte, l’uovo sodo, i primi piatti particolarmente elaborati, le carni di difficile digestione come i bolliti, i brodi o lo spezzatino, le verdure ricche di beta-carotene e vitamina K come la zucca o la carota cotta;
2 – esercitare un moderato stimolo epatico con soffritti e fritti, scegliendo cibi ricchi di potassio come patate, agretti, zucchine, cardi, carciofi, bietole, topinambur, etc.; fra le verdure lesse saranno utili i fagiolini, oltre alle citate zucchine, i carciofi, i cardi e gli agretti; fra le verdure crude saranno da evitare le lattughe, mentre potrebbero essere proposte le puntarelle, le indivie belghe, la scarola, etc.;
3 – di grande utilità le tisane di foglie di carciofo o di cardo e, soprattutto, l’impiego graduale del peperoncino, a torto sconsigliato ma in grado di decongestionare il circolo portale e cicatrizzare le lesioni del plesso emorroidario.