Cefalee di origine epato-digestiva

Disturbo molto comune, con manifestazioni spesso occasionali e di breve durata, le cefalee possono diventare una condizione invalidante che compromette la qualità della vita, l’efficienza psico-fisica e il rendimento lavorativo delle persone, tanto da giustificare l’esistenza di reparti specializzati per la diagnosi e la cura. Escluse le cause organiche, di pertinenza neurologica, otorinolaringoiatrica, oculistica e ortopedica, una percentuale significativa di soggetti soffre di forme emicraniche o cefalalgiche di possibile origine epato-digestiva, senza poter tuttavia stabilire dei precisi rapporti di causa-effetto.
In questi casi le terapie farmacologiche raramente riescono a migliorare il quadro clinico e risolvere la patologia, mentre il loro impiego per tempi prolungati può generare, al contrario, effetti collaterali di una certa rilevanza. Un disturbo metabolico spesso comporta un aumento delle tossine endogene e una disregolazione dell’equilibrio ormonale e dei neuromodulatori, alterazioni fisiologiche che possono essere all’origine di molte forme cefalalgiche. Basti considerare la loro insorgenza in determinati periodi del ciclo mestruale femminile, quando il fegato deve intervenire nella catabolizzazione degli ormoni; oppure le crisi successive a terapie farmacologiche che impegnano molto l’epatocita; oppure ancora quelle ad esordio serale dopo giornate particolarmente stressanti, e che fortunatamente recedono con il sonno, o quelle che invece insorgono di notte per ridotta efficienza della detossicazione organica.
Un criterio piuttosto semplice, e niente affatto banale, per orientare il trattamento bionutrizionale nelle cefalee, sarà quello di valutare l’avversione o l’appetenza del paziente verso sostanze adrenergiche come il caffè. Frequentemente questi sarà in grado di riferire se l’assunzione di caffè o di altre sostanze eccitanti blocca l’inizio della crisi o ne migliora la sintomatologia, oppure, al contrario, la peggiora in modo netto. In un numero inferiore di casi, purtroppo, non sarà possibile stabilire una diagnosi precisa.
Nel caso di miglioramento con il caffè, sarà ragionevole ipotizzare una funzionalità epatica rallentata, che si gioverà di uno stimolo adrenergico marcato. A sostegno di tale ipotesi offre il fianco il rimedio popolare consistente nell’assunzione di un caffè amaro con aggiunta di uno spicchio di limone, il cui contenuto in acido citrico agirà in sinergia con la caffeina e indurrà un marcato stimolo detossificante (i lettori più adulti ricorderanno il Cafergot, farmaco dalla medesima azione, oggi in disuso). Stessa condizione fisiopatologica si verifica nella classica cefalea da week-end, quando il brusco rilassamento dopo lo stress settimanale riduce la produzione endogena di adrenalina, con conseguente rallentamento metabolico e aumento della tossicità endogena. Persino delle cefalee occasionali, che compaiono ad esempio quando si dorme più del dovuto, possono essere ricondotte allo stesso meccanismo fisiopatogenetico.
Le linee guida nutrizionali, nei casi sopra esposti, saranno improntate a un marcato stimolo epato-biliare attraverso l’impiego di alimenti fritti e soffritti, alla sollecitazione tiroidea con cibi ricchi di iodio, all’impiego del peperoncino, in grado di velocizzare tutti gli scambi biochimici e, nei limiti del possibile, all’utilizzo di bevande adrenergiche senza peraltro arrivare ad inutili esagerazioni. Si tenga presente che allo stimolo epatico bisognerà sempre associare un’adeguata quantità di carboidrati in funzione energetica, insieme ad acqua di vegetazione attraverso frutta e verdure crude.
Nel caso di peggioramento con il caffè, di solito si tratta di soggetti ipereccitabili, ansiosi, contratti e insonni, con tachicardie o extrasistoli e un elevato metabolismo basale. In questo caso il problema non sarà quello di una ridotta capacità di metabolizzazione delle tossine, bensì di una loro eccessiva produzione endogena, tanto da renderne difficoltoso lo smaltimento da parte dell’organismo. Dal punto di vista nutrizionale bisognerà pertanto ridurre l’eccitabilità neurologica e tiroidea, privilegiando alimenti ricchi di potassio, e gestire la funzione epato-digestiva, abbassando la soglia di stimolazione del fegato, pur sostenendone l’attività. Oltre alla programmazione alimentare, si potrà sostituire qualche pasto con la sola assunzione di pesche a pasta bianca o pesche saturnine (tabacchiere), per realizzare un drenaggio epato-renale, con immediato giovamento da parte del paziente. Si congeleranno tali frutti per poterli utilizzare anche in altri periodi dell’anno, oppure ci si potrà aiutare con l’assunzione frequente durante il giorno di spicchi di limone spolverati di zucchero.
Infine, lì dove non sia possibile stabilire una correlazione positiva o negativa con l’assunzione del caffè, bisognerà valutare soprattutto i valori della pressione arteriosa e l’efficienza della funzione renale, essendo richiesta in questi casi un’alimentazione drenante e diuretica, con l’ausilio di tisane come ad esempio quelle a base di carciofo o di cardo.

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